Il mondo in cucina

Dicembre 1, 2003 in Libri da Gustare da Simona Margarino

Massimo Montanari – Il mondo in cucina Storia, identità, scambi – Editori Laterza, pagg. 192, Euro 15.00

LDG 2003Realizzato con un contributo del dipartimento di Paleografia e Medievistica dell’Università di Bologna, Il mondo in cucina è stato pubblicato dalla Editori Laterza nella collana Storia e Società. L’opera, frutto di un convegno tenutosi nell’ottobre 2002 e curata da Massimo Montanari, raccoglie 9 saggi di altrettanti professori, antropologi, sociologi: Il Mediterraneo, crogiuolo di tradizioni alimentari. Il lascito islamico alla cucina catalana medievale di Antoni Riera-Melis, Identità nazionali, peculiarità regionali e «koinè» europea nella cucina del Medioevo di Bruno Laurioux, La cucina europea moderna: un crocevia di esperienze culturali (XVI-XVXVIII) di Jean-Louis Flandrin, La cucina cosmopolita dell’imperatore della Cina nel XIV secolo. Un nuovo approccio di Françoise Sabban, Il cibo dell’Africa nella cultura «bianca» e nella cultura «nera» di Jack Goodie, La cucina dell’America e lo scambio colombiano di Dominique Fournier, Cucina ebraica, cucine ebraiche di Ariel Toaff, «Champagne!», ovvero l’esportazione del territorio di Jean-Pierre Devroey, Bologna grassa. La costruzione di un mito di Massimo Montanari.

Sincretismo enogastronomico di scambio o cucina quale identità culturale, prodotto unico delle proprie radici? Il dibattito intrapreso dagli studiosi non risolve appieno il quesito, ma invero rileva come il cibo sia depositario delle tradizioni di un singolo gruppo –dunque della sua peculiare essenza- e contemporaneamente esempio di integrazione di elementi caratteristici di altri popoli.

Al di là dei mutamenti politici e sociali, la contaminazione delle genti passa, d’altronde, attraverso un percorso nel quale vengono ad intrecciarsi gli aspetti più variegati e difformi degli usi e costumi, fino a che le origini si confondono e ciò che resta è il figlio meticcio –e per questo “geneticamente” più complesso- di genitori un tempo lontani. Che la commistione generi un arricchimento è una assioma risaputo: così il linguaggio culinario -organizzato anch’esso secondo regole di grammatica (le ricette), di sintassi (i menù) e di retorica (i comportamenti conviviali)- ha visto convergere i termini delle differenti culture in poli comuni, apportando notevoli cambiamenti. L’incrocio dell’Occidente con l’Est asiatico ha assimilato e talora sostituito i gusti: l’Europa medievale, centrata a lungo sui prodotti simbolo della pratica romana (olio, pane e vino) e poi modellata dalla tradizione germanica sui “valori” della carne, della birra e dei grassi animali, ha subito l’influenza araba dell’agrodolce e delle spezie, quella orientale del riso, la canna da zucchero, la pasta secca.

La Cina, l’America, l’Africa non sono che ulteriori esempi di come l’incontro cosmopolita di piatti diversi – superando le specificità nazionali e la dimensione locale, per piacere, moda, “esotismo” o quant’altro- abbia lasciato impronte indiscutibili. Tracce sul palato.

Ai margini, la cucina “migrante” ebraica e quella bolognese, in lotta per mantenere inalterati i propri confini. Intorno, la mensa del Villaggio Globale, dove l’identità sopravvive in virtù dello scambio.

di Simona Margarino