I mormoni: vogliamo solo che la gente ci conosca

Marzo 24, 2002 in il Traspiratore da Federico Danesi

30002Sarà il freddo di quest’inverno torinese, che sembra cancellare d’improvviso le migliaia di chilometri che dividono l’Italia dagli States, sarà che Torino e Salt Lake City hanno un rapporto amichevole ormai da anni e si sono appena date il testimone dei giochi olimpici: la comunità mormone della nostra città ha vissuto con particolare trepidazione il più importante ed appena terminato evento sportivo invernale. Qui, come nello Utah, terra che da quasi centosessanta anni ospita il ceppo originario del culto mormone, c’è stata emozione per l’Olimpiade, vista anche come l’occasione per sdoganarsi e cancellare i mille dubbi che da anni circondano la chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.

Perché i mormoni non sono quelli di “Witness”, buona pellicola gialla con Harrison Ford, visto che nella traduzione dall’inglese vennero confusi con i quaccheri, e sono un po’ stufi di essere al centro dell’attenzione solo quando scoppia un caso come quello del poligamo americano finito sotto processo uni anno fa.’

Piuttosto la comunità di Torino vuole essere ricordata per aver pulito, cinque anni fa, in occasione del centocinquantesimo anniversario dalla migrazione nello Utah, guidata da Brigham Young, il parco del Castello di Rivoli, o il forte di Exilles. Vorrebbe che fossero evidenziate, sempre con la tradizionale discrezione che contraddistingue la loro organizzazione, le raccolte di fondi a fine benefico effettuate durante la celebrazione della domenica e subito destinate ad iniziative umanitarie, come avvenne per la Romania post Ceaucescu o per la Bosnia martoriata dalla guerra, o ancora il servizio di volontariato al Cottolengo.

In Piemonte, come ci spiega Sergio Griffa, responsabile della comunicazione esterna, risiedono circa duemila mormoni sono undici milioni nel mondo, n.d.r.. “E’ una comunità in costante crescita, aperta a qualsiasi ceto sociale e, quel che più conta, negli ultimi anni molto frequentata da gente giovane. Noi cerchiamo di operare senza polemiche, vorremmo solo che sparissero certi pregiudizi”.

Due le sedi torinesi, in via Vespucci 64 e in corso Grosseto 53, ma tante le iniziative, come, ad esempio, le seguitissime conversazioni in inglese, assolutamente gratuite e per ogni livello di conoscenza, tenute in sede il mercoledì e venerdì sera.

I mormoni d’America hanno offerto una mano attiva al comitato organizzatore delle Olimpiadi, cogliendo al volo un’occasione unica per farsi conoscere meglio dal mondo. Molti missionari locali hanno prestato la loro opera come volontari, specialmente in qualità di interpreti, e anche l’università mormone dello Utah (la famosa Brigham Young University, n.d.r.) ha offerto ospitalità agli atleti impegnati nei Giochi. In più, durante la cerimonia d’apertura si è esibito il “Coro del Tabernacolo”, 350 persone da Grammy, che probabilmente sarà ospite anche a Torino 2006.

“E i missionari americani che attualmente sono a Torino come hanno vissuto i giorni di Salt Lake City 2002?” Gli anziani Preston Lee e Brad Mullannee (che tornerà nel suo Oregon solo tra due anni) ci raccontano: “Abbiamo sentito le nostre famiglie, tutti sono stati molto coinvolti ed eccitati. Noi abbiamo la nostra missione, ma certo avremmo voluto essere lì per un’occasione unica”.

Il Traspiratore – Numero 35

di F. Danesi