I forti sentimenti della Pasqua in Sicilia

Aprile 16, 2003 in Viaggi e Turismo da Redazione

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Suggestive e teatrali sono le celebrazioni pasquali siciliane che affondano le radici nel tempo dell’antica dominazione spagnola, sono occasioni di rinnovamento, opportunità di rinascita, rappresentano il passaggio da una fase di morte della natura, identificabile con l’inverno, alla vita, il risveglio della primavera.

Ogni città della Sicilia partecipa alle festività con dei riti tutti propri, derivanti da usi e costumi locali, da radicate e lontane tradizioni, dove infinite sono le sfumature, le emozionanti scenografie, o i costumi di ormai scomparse confraternite, i pellegrinaggi, i cortei di uomini e di animali bardati, le campane mute per il lutto, gli scampanii a mai finire al momento della gioia.

Ovunque si commemora il travaglio, il calvario di Gesù, dovunque si vivono le processioni del “Cristo alla Colonna”, le rappresentazioni del “Calvario”, “l’Incontro” tra La Madonna ed il Figlio, e ci si rallegra poi per il Gesù Risorto.

34510Candele, fiori, grano, pane, sono solo alcune delle decorazioni che creano atmosfere particolari, d’incanto, tali da invitare tutti alla preghiera ed alla meditazione, da rendere la tragedia di Cristo come un fatto di famiglia, come se al posto di Gesù ci fosse il proprio figlio. Il lutto della chiesa diventa il lutto di tutti, senza alcuna retorica, e a scandire il tempo che passa, ad accompagnare processioni i “mortori” e le “lamentazioni”, antiche forme etno-musicali ed etno-poetiche, che accentuano il pathos.

Una cosa è certa, lo scampanio gioioso delle campane in festa, invita tutti a tavola per degustare un’eccezionale quanto tipica gastronomia, che, immutata, ha preservato nel tempo la tradizione di cucinare l’agnello, di offrire e mangiare uova, di preparare dolci.

Tutte le vetrine si riempiono di picureddi, pecorelle di pasta reale sdraiate su un fianco sopra un prato verde, le forme dei dolci sono tantissime, curiosi i nomi con i quali, ogni località distingue i propri, aceddi cu’ l‘ova, panarina, cuddùra, cudduredda… e non possono mancare le cassate, si dice “mischìnu cu nun mancià a cassàti ‘a matìna ‘i Pasqua”, “poveretto chi non mangia la cassata il giorno di Pasqua!”.

Le ricette create per celebrare anche in cucina l’importante evento religioso rispecchiano i classici canoni della gastronomia isolana, le regole del buon gusto, della fantasia popolare, del rispetto della secolare tradizione. La cucina da sempre ha contribuito ad aumentare il tono della festa con ricette elaborate, liberando così dai restrittivi canoni penitenziali quaresimali che imponevano il divieto di consumare carne.

A Messina tipica è la minestra “u sciuscieddu”, ad Aragona “il tegame pasquale”, a Ragusa “l’impanata” e i “turciniuna”, a Siracusa “la gallina con il riso”…ma di certo, sulla tavola di ogni dove, non può mancare il pane, simbolo della millenaria tradizione agricola siciliana dal ruolo votivo.

di Anna Milazzo