I diari di Kurt Cobain

Marzo 3, 2003 in 006 da Redazione

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Leggendo i diari di Kurt Cobain ho acquisito, a poco a poco, la consapevolezza di non conoscere per niente la vita, la storia ed i pensieri di uno dei miei artisti preferiti, o per lo meno di avere in mente un sacco di fandonie.

Ci si rende conto che quanto scritto dai giornalisti sul gruppo, sul senso delle loro canzoni e sulla vita privata di Kurt, Krist e David in realtà è solo il frutto dell’avidità mediatica, di una consapevole falsificazione del messaggio che i Nirvana volevano lanciare. Diciamo che questa è stata la maledizione del gruppo: ad un ineguagliabile talento, si è accostata un’intelligenza e una genialità sottile che i media per primi non hanno saputo comprendere, contribuendo alla diffusione della fama ma anche di credenze erronee.

A risentire maggiormente di questo era proprio la personalità sensibile di Kurt, che scrisse una canzone in merito intitolandola Rape Me; tutto sommato però andava bene così, perché l’attenzione della gente aumenta quando l’oggetto crolla e si deteriora. Nei diari traspare proprio il senso di violenza a cui Kurt si sentiva costantemente sottoposto.

Introspezione a parte, troviamo anche una biografia del gruppo dalla prima formazione all’ingresso di Grohl, dal primo contratto con la sub pop di Seattle fino all’enorme successo conferitogli dalla pubblicazione di Nevermind. Sono presenti anche riflessioni sui più svariati temi, dichiarazioni , racconti inventati sotto forma di fumetto e spezzoni della vita reale da cui si comprende il senso di inettitudine provato da Kurt.

Kurt Cobain era un personaggio straordinariamente intelligente e complesso, forse troppo sensibile, conosceva perfettamente la storia del rock ed era intenzionato a farne parte: per lui la musica era passione, libertà , dolore. Ascoltando le canzoni dei Nirvana, si ha davvero l’impressione che la musica e le parole abbiano un senso ben più profondo di quello superficiale espresso nei testi, spesso incomprensibili causa la tecnica del cut-up usata per comporli.

Non credo come dicono in molti che con i Nirvana sia morto il Grunge perché ci saranno sempre gruppi bravi e vestiti grunge, ma credo piuttosto che sia morta la spontaneità e la passione nella musica: passione che il successo rischiava di corrodere anche in Kurt e che lui non sopportava di perdere. La vita privata è storia a parte, ma anche in questo caso i pregiudizi su una vita segnata dagli eccessi di eroina crollano lasciando spazio alla riflessione.

Questo libro mi è piaciuto molto e piacerà senz’altro a tutti gli amanti della musica, perché non è mai troppo tardi per conoscere un gruppo che in soli 6 anni ha segnato indelebilmente la storia del rock.

di agente Maurizio Maschio