Gilles, la leggenda che non muore mai

Maggio 8, 2002 in Sport da Federico Danesi

30681(1)Gilles è vivo. A distanza di vent’anni dal tragico incidente di Zolder, avvenuto l’8 maggio ’82, sono ancora tanti quelli che hanno nel cuore il ricordo di un pilota divenuto leggendario al di là dei suoi risultati. Sì, perché Villeneuve non vinse mai un Mondiale, portò a casa “solo” sei vittorie in Gran Premi e due pole positions, eppure è ricordato molto più di altri che hanno vinto gare e campionati, anche in Ferrari, vedi Scheckter o Lauda.

Esordì nel ’73, ventitreenne, nel campionato canadese di motoslitte, lontano anni luce da quella Formula Uno che l’avrebbe poi visto protagonista. Basterebbe guardare le sue misure: 50 chili distribuiti su un metro e 56 centimetri. Il primo passo nel “circuì” nel ’77 con una McLaren sul circuito di Silverstone, in una gara comunque non valida per il Mondiale. La grande occasione arriva presto: Niki Lauda, dopo il secondo titolo con la Ferrari, decide di lasciare a andarsene. Il problema di una sostituzione così pesante e scomoda viene risolto da patron Enzo con un nome a sorpresa, quello del piccolo canadese semisconosciuto, perché Ferrari era convinto della bontà della sua macchina, facile da guidare anche per un principiante. All’inizio, però, i fatti sembrano dargli torto: Villeneuve in prova fatica a guidare la sua nuova macchina e in gara, al debutto nel gran premio di casa sua, è costretto al ritiro per un testacoda. Qualche mese dopo, addirittura, durante il gran premio del Giappone la sua Ferrari vola tra il pubblico e muoiono due persone. Nonostante l’anno buio, comunque, la sua scuderia decide di dargli fiducia e comincia a essere ripagata l’anno successivo, quando Gilles ottiene la sua prima vittoria proprio sul circuito dell’Isola di Notre Dame, quello di Montreal; a quelli che avrebbero voluto una sua rapida sostituzione Enzo Ferrarik replica sempre deciso e Gilles diventa in fretta l’idolo dei tifosi, non solo quelli del “Cavallino”.

E la stagione successiva è ancora migliore: la Ferrari torna a vincere il titolo con Scheckter, ma anche Villeneuve si toglie diverse soddisfazioni, mettendo in carniere tre gare, quella del Sudafrica e le due negli States che lo fecero arrivare secondo in classifica generale. Può sembrare l’inizio finalmente di una carriera folgorante, ma la “rossa” entra invece in crisi e il 1980 diventa un anno di transizione. Molto meglio la stagione successiva, nella quale trionfa per la prima volta a Monaco e vince anche in Gp di Spagna, a Jarama, con una gara incredibile, nella quale tiene dietro cinque vetture dalla prima all’ultima curva. Non è questa la sua unica grande impresa: due anni prima, a Digione, diede vita ad un duello incredibile a colpi di ruotate con il francese Arnoux, il tutto per un secondo posto, poi fece un giro intero su tre ruote sulla pista olandese di Zandvoort, riuscendo a rientrare ai box.

Dopo la vittoria di Jarama Enzo Ferrari lo incoronò vero erede di Tazio Nuvolari, il premio più bello e, proprio come Nuvolari, Villeneuve era destinato di lì a poco ad entrare nella leggenda. La stagione ’82 per la Ferrari doveva essere quella della svolta definitiva: Gilles correva con Didier Pironi, francese taciturno e timido, tutto il suo contrario. In Sudafrica, ad inizio campionato, Villeveuve guidò lo sciopero dei piloti, ma incassò anche un paio di ritiri. A Imola, in quella che doveva essere la sua consacrazione, la lite con Pironi, della quale potete leggere a parte. Due settimane dopo, la tragedia di Zolder. Era sabato, ora di prove per il Gran Premio del Belgio. Villeneuve in quel momento si trovava con un tempo superiore a quello del compagno di squadra. Uscì dai box, si lanciò per il giro buono, ma sulla sua strada incontrò la March del tedesco Jochen Mass, che proprio non potè fare niente per evitarlo. La Ferrari di Gilles decollò e atterrò rovinosamente una decina di metri dopo. Qualcuno sperò che, come successo altre volte, lui uscisse e sorridesse a tutti, incolume, ma così non fu. Alle 22.52 di quel triste sabato il cuore forte di Gilles cessò di battere, lasciando nella disperazione tutti quelli che lo avevano amato e lasciando sola la moglie Joanne, con i figli Jacques e Melanie

Aveva solo trentadue anni, Gilles. Con lui morì definitivamente un modo di correre, non per forza più spettacolare o redditizio, ma almeno più vero. Forse Villeneuve non avrebbe mai vinto un Mondiale e forse la sua morte lo ha fatto entrare nella storia dalla porta principale, molto più di quello che avvenne con Ayrton Senna, che nella storia c’era già.

di Federico Danesi