Geni & DNA

Aprile 13, 2005 in il Traspiratore da Stefano Mola

Genio e sregolatezza… a volte le frasi fatte nascondono iceberg di verità. Gli iceberg sono oggetti molto grandi, e freddi. Sono difficili da gestire (chiedere al Titanic), e hanno una parte sott’acqua che è molto più grande di quella emersa. Forse allora è meglio affrontare il problema a piccoli pezzi. Un po’ come mordicchiare un pezzo del ghiacciolo e lasciarlo sciogliere piano in bocca.

Invece di prendere la frase tutta intera, partiamo dalla prima parola. Anzi, sbocconcelliamola. Mordiamo fino alla i, lasciando la o attaccata al bastoncino. Resta ovviamente solo geni. Perché è proprio lì la radice del problema. Difficile pensare che la genialità si possa assorbire per via endovenosa, no? Una bella flebo e via, ci sediamo al computer e con solo un po’ di pazienza scriviamo Madame Bovary. No. E nemmeno possiamo andare in palestra. Allenarsi a mettere parole in fila, per dire. Sì, magari possiamo imparare per bene la grammatica, scrivere un po’ meglio sforzandoci. Applicarci con regolatezza. Ma il problema rinasce quando si taglia via quella o.

I geni. Una sequenza di acidi e basi attorcigliati in una doppia elica. Sembra assurdo, tremendo e annichilente, essere determinati da un ordinamento di molecole. Eppure, al tempo stesso, tutto questo è tremendamente affascinante. Una doppia elica. Una spirale. Una scala a chiocciola, di quelle che nei film portano sempre in luoghi misteriosi. Adenina, Timina, Guanina, Citosina. Tutto l’alfabeto della vita scritto con sole quattro lettere. Sembra impossibile. Eppure, provate ad entrare in una biblioteca, di quelle grandi. Sedetevi per terra, alzate gli occhi. Tutti i libri che vedete, tutte le infinite storie, sono stati scritti con soltanto 26 lettere, variamente combinate. Vista così, la cosa sembra un po’ diversa. Spunta come un germoglio un parallelo affascinante. Noi, come le storie che ci affascinano, fatti allo stesso modo. Come combinazione di un alfabeto. Scritto all’inizio, che si dispiega poco a poco, che si attorciglia ai casi che la vita ci pone davanti. Perché lo sappiamo benissimo, i geni contano ma poi c’è anche l’ambiente. Voglio dire, se nei tuoi geni c’è scritta la storia di un ragazzo non molto alto, non smilzo, dai capelli neri che però se gli dai un limone è in grado di palleggiarci con ogni parte del suo corpo per ore, ma sei nato nelle steppe della Mongolia, è molto difficile che un giorno tu faccia piangere di gioia un’intera città ai piedi di un vulcano probabilmente spento.

Non tutte le storie si possono leggere in ogni momento, in ogni luogo. Ogni storia ha le sue regole, che a volte non funzionano nelle orecchie di chi le ascolta. Può succedere. Ecco, forse, a volte, da dove viene quell’altra parte, quella della sregolatezza. Non sempre siamo preparati ad ascoltare una storia che scorre su binari diversi dai nostri. E poi, ogni tanto, tutta questa cosa della sregolatezza, è un po’ un mito. Se pensiamo alle pagine del Gustave Bovary di cui sopra, quella che sembra una scorrevolezza meravigliosa dove ogni parola è esatta, perfetta, lucida, nasce da tonnellate di cancellature. Bisogna avere fiato, per stare dietro alla palla, e il fiato si fa correndo. Così come se di palleggiare con un limone proprio non ci si riesce, bisogna avere il coraggio di tenere gli occhi aperti. Non diamo mai per scontata la nostra storia. Non si può mai sapere che sorpresa sta nascosta nella prossima pagina. Con o senza sregolatezza, continuiamo ad appoggiare con curiosità i piedi sulla scala della nostra elica.

Il Traspiratore – Numero 53

di S. Mola