Festival della Versiliana

Febbraio 18, 2001 in il Traspiratore da Redazione

A pochi passi dall’elegante villa dove soggiornò Gabriele d’Annunzio e dove furono vissute alcune intense pagine del suo romanzo d’amore con la “divina” Eleonora Duse, per la quale, proprio in questa villa toscana, il Vate compose la Francesca da Rimini, si distende un parco piuttosto folto, ricco di pini marittimi: qui, nella suggestione del verde di questi alberi, ogni anno si tiene il

Festival della Versiliana

un appuntamento culturale e artistico di carattere internazionale. Accanto all’ormai celebre Caffè, che offre appuntamenti pomeridiani con personaggi del mondo della cultura, dell’arte e della politica del calibro di Vittorio Sgarbi, Gianfranco Fini, Stefania Craxi, Rocco Buttiglione, del giornalismo, come Emilio Fede, Paolo Guzzanti, Lilli Gruber, tutti sotto l’attenta e preparata conduzione di Romano Battaglia, coadiuvato da Maria Teresa Liguori, la Versiliana presenta un annuale Festival estivo di gran prestigio.

Nell’edizione passata si sono tenute alcune prime di gran rilievo, tra cui la pièce teatrale “Buonanotte mamma”, dal testo di Marsha Norman, con Athina Cenci e Marioletta Bideri.

Si tratta di una commedia che ha sempre avuto, sin dalla sua prima edizione americana, un gran successo, tanto da indurre a trarne un film interpretato da Sissy Spacek e Ann Bancroft. Accanto alla celebre edizione messa in scena dal Piccolo Teatro di Milano, con Lina Volonghi e Giulia Lazzarini, l’edizione attuale, la cui regia è stata firmata da Lorenzo Salveti, ha concentrato la sua attenzione su di un tipo di recitazione che, se salva il lato ironico ed al tempo stesso un po’ grottesco della versione originale, riesce anche a fra vibrare le corde della sensibilità, non solo materna, ma umana.

La tematica affrontata è di grande attualità: sul palco, un semplice interno grigio e al tempo stesso monumentale, giusto prologo di un suicidio annunciato, si ritrovano una madre e una figlia: la prima vedova, la seconda separata, vivono sotto lo stesso tetto, ma sono l’una all’altra estranee. Mentre la madre, interpretata da una superba Athina Cenci, adora le caramelle, i dolci e ama parlare, la figlia Jessy, interpretata da Marioletta Bideri, è taciturna, forse perché dalla vita ha ricevuto poca fortuna: è, infatti, una ragazza epilettica, che manifesta delle crisi radicate, come poi confesserà la madre, già dalla più lontana infanzia, molto probabilmente di carattere ereditario. Ha un marito che l’ha lasciata, non solo per le sue crisi epilettiche, ma anche per un tradimento. Le sofferenze di un’esistenza ancora giovane, ma già segnata, emergono nel dipanarsi della pièce, soprattutto dal momento nel quale la figlia Jessy annuncia, con meticolosa precisione, la sua intenzione di suicidarsi.

Il pubblico, pensando probabilmente di assistere a un classico estivo, pur rimanendo un po’ costernato, si deve dimostrare anche pronto e maturo per seguire una vicenda il cui epilogo rimane sospeso fino alla fine. La figlia decide di uccidersi prima del sopraggiungere della notte, con la pistola del povero padre, e lascia alla madre, sconvolta di fronte alla sua rivelazione, tutta una serie di pignole e meticolose disposizioni: in casa, ad assumere il comando, durante gli anni in cui la madre vedova aveva diviso la casa con la figlia divorziata, era stata lei, Jessy. Ora, al momento di andarsene per sempre, ella ricorda alla madre le responsabilità nella conduzione di una casa, dal buttare, la sera, la spazzatura, alla lista delle ordinazioni, il venerdì, all’acquisto delle caramelle, presso una data drogheria, alla lavatrice il sabato, oltre alla consegna dei pacchetti che la figlia vuole lasciare come regalo, come ricordo per chi resta, quando lei non sarà più. Forse il loro dialogo, quello che precede il suicidio della figlia, è l’unico vero dialogo che sono state capaci di scambiarsi nella vita; la loro potrebbe sembrare quasi una sfida di boxe, tirata a colpi di rivelazioni incredibili, ma anche di dolcezze, come solo quel momento è in grado di suggerire. Accanto ai sensi di colpa, che inevitabilmente la madre avverte, si legge nella figlia, ferma nel suo proposito, anche una certa testardaggine quasi rasente la sfrontatezza. Il gong finale di questo incontro è racchiuso nel colpo di pistola che Jessy spara nel chiuso della sua cameretta, al vertice di una scala inutilmente percorsa dalla madre nel tentativo di fermarla. Forse quel suicidio non poteva avvenire se non nel chiuso di una camera, luogo riposto dell’animo. Qui emerge il senso della morte, come ci è stato trasmesso dalla tradizione del teatro greco. Athina Cenci ha dimostrato una singolare bravura nel rendere le note, anche le più nascoste, dell’animo umano, vivendo il personaggio, ancora prima di portarlo sulla scena. Brava, certo di una bravura non confrontabile, l’altra interprete, la giovane Marioletta Bideri. Molto accurata la regia, firmata da Lorenzo Salveti, che ha realizzato anche alcune trasposizioni cinematografiche, come quella di “Un tram che si chiama desiderio”.

Un altro evento di gran rilievo del passato Festival della Versiliana è stato il musical in due atti di Andrew Llyod Webber intitolato “Jesus Christ Superstar”, uno dei più grandi musical di tutti i tempi, un classico capace di rinnovarsi attraverso diverse riedizioni, come quella approdata alla Versiliana. Lo spettacolo, realizzato su autorizzazione della “Two knights rights-The really useful group” di Londra, è stato firmato dalla casa di produzione Rockopera, che ha rispettato in maniera completa l’opera teatrale e la celeberrima versione cinematografica, esaltandone il grande impeto e trasmettendo al pubblico le emozioni di un’esecuzione piuttosto fresca e vivace. Ad interpretare questo spettacolo, interamente proposto dal vivo con orchestra, coro e testi in lingua originale, con sopratitolazione in italiano, è stato un cast di quaranta giovani, tra musicisti, attori, cantanti e ballerini, tra i quali in particolare si sono distinti per bravura Stefano Pardini, nel ruolo di Jesus, e Pierguido Bertini, in quello di Judas.

Il Traspiratore – Numero 27

di Mara Martellotta