De Andrè, chiamatelo solo Cristiano

Luglio 7, 2003 in Musica da Redazione

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Ti prepari scrupolosamente per un’intervista a Cristiano De Andrè, poi alla fine ti accorgi che non sai nemmeno bene cosa scrivere, come riuscire rispettare il numero di righe assegnato per la pubblicazione. Infatti, più che un’intervista ti sei ritrovata a fare una chiacchierata con una persona che ti sembra di conoscere da sempre, parlando di tutto, dalla musica al successo, dall’emozione di salire su un palco a quella di ascoltare un concerto.

Cristiano, ascoltando il tuo nuovo album mi è sembrato di sentire, nei nuovi arrangiamenti, una maggiore attenzione all’essenzialità della musica. E’ solo una mia impressione? E in che direzione va la tua musica?

Non so dirti se sia esatto dire che c’è una maggiore essenzialità nei nuovi arrangiamenti; sicuramente ho tentato di trasferire l’immediatezza che le canzoni riescono ad avere durante un concerto. Questo è un album particolare, è il mio primo Best e ho cercato di scegliere i pezzi che più mi rappresentano in questo momento. Riguardo alla direzione della mia musica, credo che il prossimo album seguirà le orme di ‘Scaramante’.

Credi che possa ancora avere un senso nel mondo della musica di oggi la figura del cantautore? In che modo è cambiata rispetto gli anni ‘70?

Negli anni ’70 per essere un cantautore dovevi essere alcolizzato, portare i capelli unti, avere un’espressione triste e scrivere canzoni ancora più tristi. Fortunatamente ora qualcosa è cambiato. Credo soprattutto che sia cambiata molto l’immagine del cantautore… si è modernizzato ed evoluto. Comunque sì, ci può essere ancora spazio nella musica di oggi per i ‘cantautori’.

Com’è nata la tua collaborazione con Elio? Pensi di averne ancora con altri tuoi colleghi?

Perché no? La collaborazione con Elio è stata molto divertente ed è nata per puro caso. Lui registrava in uno studio vicino al mio e, parlando del mio arrangiamento di ‘Canzoni con il naso lungo’, mi ha dato parecchi consigli. Così gli ho detto di venirla a provare con me. L’abbiamo fatto e ne è uscita la versione ska che si trova sul disco.

Sei soddisfatto della tua apparizione a Sanremo? Quali sono state le differenze rispetto all’anno di ‘Dietro alla porta’?

Beh, probabilmente la differenza è stata solamente il risultato. Salire sul palco dell’Ariston regala sempre e comunque un’emozione incredibile. Che sia la prima volta che ci sali, che sia la decima non ci si abitua mai realmente. Anche l’atmosfera che gira intorno a questo festival è incredibile: per una settimana tutti hanno la possibilità di sentirsi Michael Jackson. Tutti ti fermano per strada, ti chiedono l’autografo, vogliono interviste o fotografie… peccato che dopo quella settimana si ritorni alla realtà.

E il tuo Tour?

Non posso dire molto. Non so ancora se partire con un tour teatrale o se aspettare i mesi estivi. Molto dipende anche dai miei problemi alla gola.

di Sonia Paolin