Concorrenza sleale

Marzo 19, 2001 in Cinema da Redazione

“CONCORRENZA SLEALE” (Italia, 2001) di Ettore Scola, con Diego Abatantuono, Sergio Castellitto, Gérard Depardieu

Nella mia esperienza di spettatore cinematografico non mi è mai capitato di incontrare un regista così abile come Ettore Scola nello sviluppare una fabula tutta all’interno di poche stanze. La dimensione teatrale dei suoi capolavori è palese. Scola è un maestro degli interni, tanto quanto Bertolucci viene apprezzato per la sua perizia registica di fotografo d’esterni.

La regia di Scola è spoglia di ogni orpello, ma magnifica nel suo sviluppo negli spazi ristretti. Si pensi a “La famiglia” (1987) oppure a “La cena” (1999), il primo si svolge in una casa patriarcale coprendo mezzo secolo di vita privata e nazionale, il secondo ci mostra pregi e difetti dell’Italia borghese nel tempo aristotelico di una serata conviviale. Ma il capolavoro di Scola rimane sicuramente “Una giornata particolare” (1977) con la coppia Mastroianni – Loren al top della forma, se mi permettete di mutuare il termine dal gergo sportivo. Anche questa vicenda si svolge su tempi e spazi aristotelici, anch’essa si svolge come “Concorrenza sleale” nel 1938, un anno di capitale importanza nel ventennio fascista. L’anno in cui la repressione dei diversi venne legiferata: nel film del ’77 la vittima era Mastroianni, annunciatore della radio allontanato perché omosessuale, nel film appena uscito nelle sale sono gli ebrei a vedersi negare i diritti e le libertà fondamentali di ogni individuo.

La premiata ditta Silvia ed Ettore Scola, Fulvio e Giacomo Scarpelli ci offre un’altra opera paradigmatica nell’analisi socio-culturale di un popolo ricco di sfaccettature come quello italiano. Alla premiazione delle Grolle d’oro del ’99, Scola, nato come sceneggiatore (giovanissimo partecipò alla stesura della Grande Guerra di Monicelli), disse: “Si possono fare in fretta le riprese, si può fare in fretta il montaggio, ma per la sceneggiatura occorre prendersi tutto il tempo necessario”. I bagliori di questa filosofia si rispecchiano nel modo d’intendere il cinema del maestro. Nulla è lasciato al caso, dalle bottiglie di gazzosa con la pallina alle insegne, dai costumi alla scenografia, dagli aspetti linguistici al recupero della pubblicistica.

La coppia Abatantuono – Castellitto funziona, anche se entrambi hanno dato il loro meglio in altre sedi e con altri registi. Abatantuono ha le physique du rôle, un volto che pare veramente uscire dagli anni Trenta. Castellitto, autore sottostimato in Italia e molto apprezzato in Francia, impersona un ebreo privo di malinconie, vitale, per niente rassegnato. C’è anche Depardieu, il suo è poco più di un cammeo, ma servirà a vendere bene il film Oltralpe.

di Davide Mazzocco