Chi è Godot?

Febbraio 28, 2005 in Spettacoli da Barbara Novarese

godot teatroChi è Godot?Per Dario Cirelli (compagnia teatrale GRUPPOTEATRO METROPOLIS) che ha interpretato la parte di ESTRAGON al Circolo Cinastic di Ivrea, egli è

La ricerca di una vita.

L’opera è ricca di richiami Evangelici, che indirizzano l’attenzione dello spettatore verso l’interpretazione di Godot come Dio. Non a caso, infatti, è stato scelto il nome: GOD-ot.

Ma, al di là dell’aspetto religioso, ci si perde tra i concetti filosofici fondati sul perché dell’esistenza.

C’è un momento, in particolare, su cui si è focalizzata la mia riflessione: una frase che Estragon dice a Vladimir:

  • Vladimir: – Dobbiamo essere contenti

  • Estragon: – Contenti di che?

  • Vladimir: – …di esserci ritrovati…

  • Estragon: – Siamo contenti!


  • Estragon: – COSA FACCIAMO ADESSO CHE SIAMO CONTENTI?”

    Siamo di fronte ad una delle più emblematiche opere teatrali di Samuel Beckett: “Aspettando Godot”. Si tratta di un dramma in due atti, ritenuta una rappresentante fondamentale del “teatro dell’assurdo”.

    La storia è di per sé molto semplice: due personaggi, Vladimir ed Estragon, sono in attesa di un fantomatico datore di lavoro, il signor Godot.

    Non c’è altro. Non sappiamo perché stanno aspettando proprio Godot, non sappiamo da quanto tempo lo aspettano, non sappiamo dove si trovano e, soprattutto, non sappiamo chi è Godot.

    C’è un salice piangente, però, simbolo del tutto e del niente.

    Scene inquietanti, tristi, enigmatiche.

    Ogni dettaglio cela domande a cui non c’è una risposta logica, forse solo religiosa per i pochi eletti che ancora mantengono viva la propria fede.

    Lo spettatore è disorientato, ma lo sono anche gli stessi Vladimir ed Estragon poiché non sanno se mai arriverà Godot, né da quanto tempo lo stanno aspettando. Rivivono ciclicamente le stesse situazioni, gli stessi dialoghi, gli stessi gesti, senza trovare le risposte neppure alle domande più ovvie.

    Si alterna il disagio della solitudine e quello dell’incomunicabilità, che inopinatamente posseggono la stessa radice, con quello della disperata ricerca di un significato da attribuire alla vita.

    Poi, mentre l’attesa prosegue, s’indebolisce anche l’ultima fiammella di speranza, gettando l’uomo in uno stato di sconforto, rassegnazione ed impotenza.

    Durante le conversazioni, più o meno intelligibili, appaiono altri due personaggi: Pozzo con Lucky al guinzaglio che ne porta i bagagli.

    Questi s’intrattengono pochissimo, dialogando in modo quasi incomprensibile.

    Il GRUPPOTEATRO METROPOLIS offre, al posto delle due comparse, un video dai contenuti angoscianti che, ritengo, abbia interpretato in modo irreprensibile il disagio insito nell’opera di Beckett: ritmo martellante, parole pronunciate senza pausa, vuoto, di nuovo parole…

    Ma ecco: arriva un ragazzo ad annunciare che il signor Godot non verrà quella sera e rinnova l’appuntamento per il giorno successivo.

    L’indomani arriva e, con l’indomani, arriva il secondo atto: una copia quasi esatta del primo. Vladimir ed Estragon sono sempre sulla stessa solitaria strada di campagna. Tornano Pozzo e Lucky, ma adesso il primo è cieco e il secondo è muto. Ancora una volta i due se ne vanno, lasciando i vagabondi ad aspettare Godot e, ancora una volta, giungerà il ragazzo a posticipare l’appuntamento col signor Godot.

    Vladimir ed Estragon continueranno ad attenderlo.

    Lo aspetteranno per sempre? Come il ciclo delle stagioni, come la notte segue il giorno, come la vita termina con la morte ma poi… e qui, spetta ad ognuno di voi continuare o fermarsi.

    Godot è, dunque, Dio? Oppure un Dio-robot (GOD-robOT)? Oppure la Morte che “certamente verrà” come spesso i protagonisti ripetono. Certo, verrà, ma non sappiamo quando.

    La risposta potrebbe non esistere e avvalersi delle interpretazioni di ciascun lettore, spettatore o attore.

    Forse, lo stesso Beckett non seppe mai di chi fosse il suo Godot.

    Qualcuno identifica Pozzo/Lucky come opposizione capitalista/proletario. Nel primo atto potrebbe anche ritenersi valida (Pozzo, il capitalista, sfrutta Lucky, il proletario) ma nel secondo sarebbe una forzatura, poiché Pozzo è cieco e Lucky è muto.

    Si definisce così, la desolante condizione umana: l’uomo schiavo dell’uomo; cieco di fronte alla deprimente natura umana oppure muto, se gli occhi riescono a vedere, poiché la bocca non sa gridare quanto è triste la società moderna… che finge di abbattere i confini geografici ma alza barriere insormontabili alla semplice comunicazione tra popoli.

    Dario e Marco ci hanno fatto sorridere, riflettere, inquietare e conoscere a fondo l’anima di un’opera che, prima di questo momento, avevamo soltanto letto.

    Grazie ad entrambi per la splendida interpretazione.

    di Barbara Novarese