Cecenia: una guerra e una pacificazione violenta

Ottobre 28, 2008 in Arte da Gabriella Grea

Arrivo in anticipo al Museo di Corso Valdocco.

Passeggio tra le vetrine e un gioco per bambini, uno di quei bambocci che li distraggono durante il bagnetto, fa capolino, colorato e vivace, mi guarda l’orsetto e sorride ignaro della mostra che andrò a visitare. Maledetta ingenuità, guarda lì il giochino: tra mozziconi di case, tra le ceneri del quotidiano emerge dalle manine di un bimbetto che sgambetta festante durante il bagnetto nel catino di plastica (Groznyj, 2006, Dyma Belyakov). Il suo fratellino indossa T-shirt militare e calzini a stelle e strisce, d’altronde a 4 anni che cosa ne sai del politically correct?

Ancora inconsapevoli lasciamoli giocare, quando avranno qualche hanno in più porteranno nei loro sguardi la fame, il dolore e la rabbia (Groznyj, 1995, Heidi Bradner).

La stessa rabbia che nutriamo anche noi di fronte alle notizie che ci sono arrivate – o meglio che sarebbero dovute arrivare – dalla Cecenia, piccola repubblica caucasica, terra di frontiera tra due Mondi apparentemente inconciliabili come l’Europa e l’Asia.

La mostra fotografica al museo della resistenza è un capitolo di storia contemporanea scritto dai testimoni di un conflitto che è nato dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Anche la Cecenia tentò la via dell’indipendenza, ma non disponeva di una classe dirigente locale in grado di garantire continuità nella trasformazione e di contrattare un’uscita politica dalla crisi. Qui la soluzione fu affidata alla guerra. La prima nel 1994, terminata dopo due anni, portò all’insediamento di un governo separatista indipendente. Heidi Bradner ritrae Yandarbiev, vice presidente della Cecenia, mentre celebra la vittoria di Maskhadov alle elezioni del 1997. Se eliminate dalla fotografia la telecamera e le armi in primo piano non avrete altri riferimenti temporali con il presente, appare un capopopolo a cavallo che istiga la folla ieri, oggi e… purtroppo anche domani. Intanto le donne a Grozny esibiscono le foto degli uomini, poco più che bambini, scomparsi: 600.000 ceceni al termine della prima guerra, poche migliaia i sopravvissuti al termine della seconda. Già perché nel 1999 il dramma ceceno esplode di nuovo col pretesto di due attentati nel centro di Mosca e della continua attività dei guerriglieri. Un conflitto brutale, bombardamenti a tappeto senza distinzione tra obiettivi militari e civili. Restano alti caseggiati fantasma, dove non abita più nessuno, i pochi sopravvissuti però improvvisano una partita di pallone, si sposano e une bimba infiocchettata in un abito rosso brilla su un carro-armato. Poco distante forse sfilano le madri, le sorelle, le nonne o le mogli degli uomini morti o desaparecidos, solo per il cirillico sui cartelli diverse dalle madri argentine. Non vi spaventate di tanto orrore all’ingresso di una strada di Argun i volti di Putin, Achmad e Ramzan vi danno il benvenuto (Zarema Mukusheva, Memorial).

Per rassicurarvi ulteriormente le ultime notizie dal Caucaso del Nord compaiono in tempo reale su un video nell’ultima sala; agli inizi di agosto il presidente russo ha rinominato, come in un Monopoli sinistro, Viale Putin il Viale della Vittoria… In questo orribile gioco di potere risuonano e parole di Anna Politkovskaya “Lì la gente muore ogni giorno, lì si consumano orrori indescrivibili […] certo che ho paura, ma ciò che conta è dar voce alla gente, raccontare la tragedia che coinvolge il nostro Paese”.

Negli occhi di Lidiya Yusupova , avvocato e attivista per i diritti umani, brillano quelle stesse parole. Candidata nel 2006 per il premio Nobel per la Pace dirige dal 2000 il Memorial, associazione fondata a Mosca negli anni ottanta da studiosi e dissidenti per custodire la memoria delle repressioni politiche che hanno caratterizzato il passato dell’URSS. L’associazione ha creato musei, raccolto documenti ordinati in biblioteche specializzate. Dal 1994 ha svolto un ruolo centrale nell’informare il mondo sulle violenze perpetrate non solo in Cecenia ma in tutto il Caucaso del nord.

Per andare oltre il rassegnato stupore e la rabbia sdegnata, i curatori vi propongono un catalogo esaustivo, vido e conferenze a tema che non dividono – manichei – i buoni e cattivi, ma forniscono gli strumenti per comprendere. Rischiano in prima persona, ma “Avere paura o non averne poco importa, questa è la nostra professione” (Anna Politkovskaya, intervista rilasciata a Giorgio Fornari a Mosca nel 2000) .

Cecenia: una guerra e una pacificazione violenta

Fino al 22 febbraio 2009

Museo Diffuso della Resistenza, C.so Valdocco 4/A – Torino.

011.4361433

ingresso gratuito

lunedì chiuso

dal martedì alla domenica 10-18

giovedì 14-22

Appuntamenti:

16 ottobre, h 15:30 Cecenia: la guerra dopo la guerra

6 novembre, h 17:00 I diritti dell’uomo in Cecenia e la condizione dei profughi

20 novembre, h 17:00 Guerra e informazione

www.museodiffusotorino.it

Sono previste visite guidate serali il primo giovedì del mese da novembre

(informazioni e prenotazioni al numero 011 43 61 433)

Anche i servizi educativi del Museo propongono laboratori didattici e visite guidate per le classi.

Prenotazioni al numero verde Museiscuol@ 800 55 31 30.

Per gli insegnanti interessati è previsto un incontro propedeutico con i curatori il 9 ottobre alle ore 15.

di Gabriella Grea