Capolavori dall’Africa

Febbraio 26, 2004 in Arte da Sonia Gallesio

Ascolta più spesso le cose che gli esseri. La voce del fuoco s’intende, ascolta la voce dell’acqua. Ascolta nel vento il cespuglio in singhiozzi: è il respiro degli antenati. Quelli che sono morti non sono mai partiti: sono nell’ombra che si dirada e nell’ombra che si ispessisce. I morti non sono sotto la terra: sono nell’albero che freme, sono nel bosco che geme, sono nell’acqua che scorre, sono nell’acqua che dorme, sono nella capanna, sono in mezzo alla folla. I morti non sono morti…

[Birago Diop, Souffles (estratto), 1947]

AfricaTre piani della GAM occupati, più di quattrocento opere raccolte, l’intera collezione sul ‘900 sfrattata per ben cinque mesi. Alcuni, immancabili, scambi di opinioni al vetriolo –che fanno riaffiorare note problematiche quali la mancanza, a Torino, di uno spazio adatto ad ospitare le rassegne temporanee più ampie–, ma soprattutto un notevole successo di pubblico. Questo è quanto accade nel capoluogo piemontese, di questi tempi, in ragione della mostra-evento Africa. Capolavori da un continente.

Recentemente prorogata fino al 29 febbraio (domenica chiusura straordinaria alle h 24.00), l’esposizione è suddivisa in quattro settori tematici e fa riferimento ad un arco di tempo decisamente vasto, addirittura di tre millenni.

Nel seminterrato, purtroppo non sufficientemente illuminato, sono adunati stupefacenti reperti risalenti ai Regni Antichi, anche se più genericamente riconducibili ad un periodo compreso fra il V secolo a.C. ed il XIX d.C. Tra le opere più affascinanti, spiccano le terracotte di Nok, prestito eccezionale del Museo Nazionale di Lagos, alcune teste in bronzo nigeriane (Edo, Benin, XVI sec. ca) ed una figura di ermafrodito in legno (Dogon, XV-XVII sec.).

Introdotto da carte e mappe geografiche, l’allestimento successivo documenta la prima scoperta dell’arte africana, avvenuta intorno alla metà del ‘500 grazie alle imprese dei navigatori portoghesi, e più precisamente la produzione su committenza in funzione del dilagare, nelle maggiori corti europee, di una forma di collezionismo fondata sull’esotismo.

Nelle teche in vetro sono riposti cucchiai dall’impugnatura finemente decorata, saliere intarsiate, olifanti –certuni raffiguranti scene di caccia che palesano, appunto, una scelta tematica improntata sul gusto occidentale–, tutti esemplari assai fragili e rigorosamente in avorio.

Tra le chicche: un’esile forchettina, un cucchiaio con manico allungabile, una saliera (Sapi, Sierra Leone, XV-XVI sec.) il cui elemento decorativo sembra ispirarsi all’opera Strega con amorini (1506-1507) di Albrecht Durer.

AfricaAl primo piano, si prosegue con un’ampia sezione incentrata sull’arte africana del XIX e XX secolo. Presenti maschere da spalle, sculture legate al tema della maternità, un buon numero di copricapo di danza della società Chiwara. Ed ancora poggiatesta, seggi con cariatidi, figure da reliquiario. Su una parete, poi, campeggia un’interessante e nutrita raccolta di coltelli da lancio in ferro, cuoio e fibre vegetali.

Molte le maschere di rara bellezza, oggetti dal singolare potere evocativo definiti da Max-Pol Fouchet “manifestazioni allo stato puro dell’immaginazione”, che spesso avrebbero la funzione di fungere da volto per gli esseri spirituali, le cosiddette forze soprannaturali, ed altresì di consentire un contatto con la natura, la madre-terra, e la dimensione del passato.

Proprio in relazione agli strumenti impiegati per propiziare tali interazioni, il curatore Ezio Bassani spiega: “Il soggetto primo è la figura umana: sono immagini di antenati mitici o reali che stabiliscono un legame con il mondo dei defunti e affermano il diritto dei loro possessori al potere o alla terra; sono immagini di spiriti o di divinità particolari che sovrintendono ad attività specifiche dell’uomo o della comunità […]; sono le cosiddette statue magiche, utilizzate nelle pratiche divinatorie e propiziatorie o per contrastare l’attività di individui malvagi o il prevalere di forze malefiche. Le figure rimangono isolate, entità metafisiche incapsulate in uno spazio senza tempo” (da Arte antica. Arte classica, testo presente nel catalogo della mostra edito da ArtificioSkira).

Tra i pezzi più suggestivi spiccano il sovrano seduto Maestro degli anelli (Camerun) e svariate statue ad uso magico-religioso realizzate con chiodi, lame, ferro, vetro, denti, pelli e crini animali.

La mostra si conclude con un limitato numero di opere che riportano alla riscoperta dell’art nègre avvenuta durante i primi anni del ‘900 e all’influsso che essa ha sulla produzione delle avanguardie. Tra queste si trovano statuine di Paul Gauguin e André Derain, alcune raffigurazioni di cariatidi di Amedeo Modigliani, le acquaforti costituenti Tavola di Jazz (1947) di Henri Matisse.

Tra le sculture, le più rappresentative risultano certamente Testa di donna dagli occhi grandi (cemento, 1931-1932) di Pablo Picasso, Musa addormentata (bronzo patinato, 1913) di Costantin Brancusi, L’oggetto invisibile (bronzo, 1934-1935) di Alberto Giacometti.

Africa. Capolavori da un continente

Prorogata fino al 29 febbraio 2004

Torino, Galleria d’Arte Moderna, via Magenta 31, tel. 011 44.29.518

Orari: dal martedì alla domenica dalle h 9.00 alle h 19.00, lunedì chiuso

Ingresso: intero € 7.50; ridotto € 4.00

Audioguide: disponibili all’ingresso, costo noleggio a persona € 5.00

Catalogo: ArtificioSkira, € 38.00 in mostra

Per informazioni: call center 899.500.001 oppure 039 28.23.403

www.mostraafrica.it

Domenica 29 febbraio, giorno conclusivo della mostra, apertura straordinaria fino alle h 24.00

(la biglietteria chiuderà alle 23.00)

di Sonia Gallesio