Capello professore

Aprile 22, 2005 in Sport da Roberto Grossi

Da allenatore a professore a capopopolo: per un’ora abbondante Fabio Capello viene travolto da diversi stati d’animo incontrando gli studenti della Facoltà di Economia dell’Università di Torino. “Come si organizza una squadra di calcio” il titolo della lezione, seguita con la massima attenzione dai giovani futuri economisti che gremiscono l’Aula Magna di corso Unione Sovietica e che definiscono il disinvolto ma (all’inizio) emozionato don Fabio (“Venivo ad allenarmi qui dietro ai ‘Poveri Vecchi’, al Combi, quando ero un calciatore della Juve, ho dei ricordi bellissimi di questi luoghi) come ‘il più grande allenatore del mondo’.

La sala silenziosa e compassata si trasforma poi in curva da stadio al termine del sermone, quando il friulano torna a calarsi nei consueti panni di ‘Mister’. E qui, tra un applauso e un altro, la razionalità cede il posto alla passione e le domande degli studenti-tifosi si sprecano.

“Sappiamo che nel calcio può succedere di tutto ma come si fa a perdere da una squadra come l’Inter? E prendere gol da Cruz, uno che non segna neanche in allenamento…”, domanda una matricola-ultrà, ancora delusa dallo 0-1 rifilato dai nerazzurri la sera prima.

“All’ultima giornata vogliamo vederla esultare come contro il Real Madrid, da vero tifoso juventino” ha implorato un altro, tra i sorrisi a volte imbarazzati ma sempre ammiccanti del tecnico e le sue immediate risposte

Con l’Inter abbiamo perso per un tiro in porta ma a fine anno farà di tutto per accontentarvi” la replica capelliana a tutta mascella.

Non mancano alcune gustose stilettate. Divertito nei panni di one-man-show, microfono in mano e sorriso stampato sulle labbra, Capello attacca la sua ex-squadra.

Perrotta dice che nella Capitale vincono in tre e perdono in otto: qui si vince e si perde tutti insieme. Roma è stata la piazza più difficile da allenare: a Torino e Milano esiste una mentalità manageriale, là si vive di fantasia, depressione ed euforia e quando vincono qualcosa fanno festa per 7 mesi…

Avevo detto ‘mai alla Juve’, ma quando indosso una maglia tiro coltellate da tutte le parti.

Del Piero sempre sostituito? Ho altri leader in campo…
”.

E ancora, a tutto campo tra le ovazioni della sala, Capello continua: “Ricordo sempre ai calciatori che le veline vanno da loro perché sono giovani e ricchi, mica perché sono belli. Nemmeno i figli degli industriali hanno così tanto seguito, perché questi rampolli, a differenza dei giocatori, devono chiedere i soldi a papà, il quale è di solito restio a scucirli…”.

Applausi convinti e scroscianti. Si continua. “Il migliore che ho allenato? Van Basten, peccato che ha chiuso in anticipo la carriera per l’infortunio”.

La conclusione è sul futuro: “Diventare manager al termine del contratto con la Juve? No, mi sento un uomo di campo e tale resterò. Qui in Italia poi, a differenza dell’Inghilterra non è prevista la doppia figura di allenatore-dirigente”.

Altri applausi, autografi, strette di mano, fotografie con cellulari. La folla di studenti accompagna Capello sino all’uscita, cercando di strappargli l’ultima battuta, stupita dalla disponibilità del ‘burbero’ trainer juventino. In tanti gridano la stessa cosa: “Mister, vogliamo vincere lo scudetto!”. Ancora un sorriso e via.

di Roberto Grossi