Alpinismo femminile

Agosto 28, 2002 in Enogastronomia da Marinella Fugazza

31750(1)“L’ascensione della Ciamarella mi sarebbe riuscita meno gravosa se io fossi stata vestita con abiti virili o quasi. Le sottane rendono men facile il passo; raccogliendo acqua e neve, diventano più pesanti e rendono molto molesto l’urto del vento. Come a me serva ad altre donne la mia esperienza, che è appoggiata anche a precedenti escursioni.” Con queste considerazioni pratiche si chiude il diario di Giuseppina Berretti Vallino: la prima donna a salire nel 1873 la Ciamarella (3676 m), la montagna più alta delle Valli di Lanzo, con la scrupolosa compagnia della famosa guida di Balme: Antonio Castagneri. L’anno che stiamo trascorrendo, il 2002, è stato dichiarato Anno Internazionale delle Montagne, ed è indubbio che maggiore visibilità ed attenzione meritino le donne antesignane dell’alpinismo femminile nella “culla” dell’alpinismo torinese che sono state le Valli di Lanzo. Esse sono state autrici di numerose prime ascensioni e, fra di loro, non si trovano solo donne residenti in montagna ma anche, e soprattutto, le “cittadine” appartenenti ad un elevato ceto sociale.

Francesca Rocchietti detta “Maijn Vulpota” (24.06.1866- 19.11.1953), figlia del capostipite delle guide di Usseglio, Giuseppe Rocchietti detto “Vulpot”, nel 1879, a soli 13 anni, sale per la prima volta sul Rocciamelone (3538 m); l’anno successivo fu la prima donna a raggiungere la vetta del Monte Lera (3322 m). Esattamente dopo ottant’anni dalla sua nascita, il 16.09.1946, insieme al marito, figli e nipoti, è nuovamente sulla cima del Rocciamelone per festeggiare le nozze di diamante.

La signora Boyer, l’11.07.1895, “conquista” l’Uja di Mondrone (2964 m) salendo per il versante ovest-sud-ovest.

Elena Santi, con le guide Stefano e Pietro Re Fiorentin, “doma”, attraverso la cresta nord-est, Punta Valletta (3384 m) il 25.08.1896.

La prima ascensione a tutti gli effetti del ventesimo secolo fu compiuta dalla signorina Giovanna Fasciotti, il 20.09.1901, che raggiunse il Colletto d’Ovarda (2964 m) per il versante settentrionale.

L’estate del 1903 fu molto impegnativa per Ottavia Dumontel, autrice di ben quattro prime ascensioni: 14.07, vetta dell’Ouille de la Vallettaz (3145 m) per la parete nord-est; 17.08, Abbaron di Savoia per la parete sud (3627 m); 21.08, Punta Luigi Clavarino (3260 m) attraverso la cresta nord-ovest; ed infine, il 28.08, effettua la prima ascensione assoluta di Punta Loson (2930 m).

Negli anni successivi l’alpinismo femminile si fa sempre più impegnativo: si passa da un alpinismo “esplorativo” ad un alpinismo in cui la difficoltà progressivamente aumenti. Il 15.08.1916, Libera Cavallo sale lo sperone nord del Monte Servin (3108 m). Negli anni ’20 le difficoltà arrivano al III° grado: Luciana Bonis sale la parete ovest di Punta Maria (3302 m). Il 4.08.1924 la signora Zucchetti sale la parete est della punta sud di Peraciaval (3240 m); Maria Levi il 21.09.1924 si “arrampica” sulla Punta Chalanson (3466 m).

I seguenti anni ’30 e ’40 sono all’insegna del IV° grado: il 9.07.1939 Maria Teresa Galeazzi con il famoso alpinista Giusto Gervasutti e Sergio Levi Lenzuolo sale la parete nord-nordest della Punta Orientale (2922 m). Altre e numerose donne si succedono coraggiosamente sulle più importanti creste delle Valli di Lanzo affrontando difficoltà sempre più ardue. Il 23.09.1951 Rina Cetti Lavagno, nel cui palmares figurano le cime principali delle suddette valli e trekking nella zona himalayana, per la via del Crestone raggiunge la Cima Occidentale degli Ortetti (2955 m). Non soltanto prime estive ma anche prime invernali come quella compiuta il 22.03.1953 da Tiziana Raz autrice della scalata lungo la cresta est-sud-est dell’ Albaron di Sea (3262 m). Il 1.08.1966 Maria Grazia Sala sale sul Dent d’Ecot (3402 m) coprendo un dislivello di 1100 metri con difficoltà di V° grado ed alcuni passaggi in artificiale.

Il seguito non è ancora storia: le donne, al pari degli uomini, affrontano tutte le vie e pareti; nasce l’arrampicata sportiva sulle falesie di bassa valle con nuove vie di arrampicata moderna. Nuovi orizzonti si aprono senza, però, mai dimenticare le antesignane delle donne “moderne” che hanno dovuto affrontare fatiche ben più onerose negli avvicinamenti alle cime e preconcetti sempre duri a morire.

di Marinella Fugazza