A Gil il Grinzane Poesia

Luglio 11, 2003 in Attualità da Stefano Mola

35217(1)

I testi delle canzoni sono poesia? È una domanda che attraversa gli ultimi decenni, scatenando “fiumi di parole”, navigando i quali raramente si raggiungono approdi sicuri. Più spesso ci perde nelle nebbie emesse dagli sbadigli, incontrando navi che arrivano da fiumi analoghi, tipo “è nato prima l’uovo o la gallina”, oppure “il sesso degli angeli”.

Sarò drastico, ma a contare secondo me sono le emozioni e sensazioni che ci nascono in testa di fronte alle parole, siano esse in musica o no, su fogli di carta o scarabocchiate su un muro. Per me, ascoltare “Mister Tambourine” (tanto per citare Dylan uno dei vincitori degli anni passati del Grinzane Poesia) è ogni un’emozione e una scoperta, tanto quanto leggere “il canto d’amore di Alfred Prufrock”, che formalmente e ufficialmente è poesia. Il problema come sempre è generalizzare, prevenire, mettere barriere senza pensare che prima o poi le dovremo spostare. È chiaro che “Il ballo del qua qua” forse non è un testo poetico.

Ma veniamo al Grinzane Poesia. Dopo antecedenti altrettanto illustri (Dylan, Ferlinghetti Patti Smith, Lou Reed e Laurie Anderson) quest’anno tocca a Gilberto Gil. Riceverà il premio Sabato 12 Luglio nel corso del concerto che terrà al Palastampa, nell’ambito dell’Extrafestival. Il Premio Grinzane Poesia viene attribuito a chi si è distinto per aver saputo toccare con la poesia le corde della sensibilità giovanile, in particolar modo attraverso l’espressione musicale.

Il concerto sarà l’occasione per toccare con mano la poesia di Gil. Nato a Salvador nel giugno del 1942, ha trascorso la sua infanzia nella cittadina di Ituaçu. All’inizio degli anni ¹60 la scoperta di João Gilberto lo spinge a comporre le sue prime canzoni. Nel 1967 Gilberto cambia la musica pop brasiliana con i brani “Domingo no parque” (domenica al parco) e “Alegria, alegria”, dando vita al movimento musicale che sarà esportato in tutto il mondo: il tropicalismo. Proprio il tropicalismo, mal visto dai generali al potere, lo costrinse all’esilio a Londra. Tornato in patria Gilberto si è imposto come una sorta di coscienza critica del Brasile moderno ed in particolare della sua anima Africana. Tra i suoi album ricordiamo: Gilberto Gil (1971), Um banda um (1982), A gente precisa ver o luar (1989), Quanta (1999), vincitore del Grammy Best World Music Album, Kaya N’Gan Daya (2002).

di Stefano Mola